A ormai più di un anno dall’inizio della pandemia, che ha travolto qualsiasi azienda italiana e che ci ha costretti a ripensare il modello organizzativo del nostro lavoro, abbiamo deciso di fermarci e fare un punto della situazione.
L’obiettivo è quello di capire se le diverse tipologie di gestione delle attività lavorative adottate per far fronte all’emergenza sanitaria abbiano effettivamente portato a dei benefici all’interno delle organizzazioni; se possano essere utilizzate anche per il futuro e quale sia, eventualmente, la migliore soluzione da adottare per garantire, da un lato, un solido sviluppo del business e, dall’altro, il benessere dei lavoratori.
In Hub Five crediamo infatti che il vero cambiamento arrivi proprio dalle persone: soltanto all’interno di un ambiente che ne favorisce la crescita, l’entusiasmo, la condivisione di competenze e, per l’appunto, la serenità è possibile sviluppare progetti che portano a risultati tangibili.
Cosa significa Smart Working
Partiamo con il chiarire innanzitutto il significato di questo concetto, che nel corso degli ultimi mesi è stato (anche erroneamente) applicato ai più disparati ambiti.
Il concetto di Smart Working non è infatti semplicemente sinonimo del “lavorare da remoto”, bensì racchiude al suo interno l’idea che l’attività lavorativa venga portata avanti secondo criteri di flessibilità e autonomia del lavoratore.
Più nel dettaglio, secondo quanto definito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali «lo Smart Working è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività».
Prima del Covid questa modalità di lavoro riguardava soprattutto le grandi aziende e circa 570.000 lavoratori – cifra che già era cresciuta del 20% rispetto a quanto registrato nel 2018.
Secondo le stime riportate dalla ricerca di osservatori.net, durante la pandemia avrebbe invece coinvolto più di 6 milioni e mezzo di persone: una cifra incredibilmente elevata rispetto alla situazione di partenza!
Fonte immagine: osservatori.net
Cosa si prevede per il futuro?
Sicuramente la gestione flessibile del lavoro e le nuove abitudini che abbiamo tutti acquisito in questi ultimi mesi non sono destinate ad esaurirsi nel breve termine.
Per avere un quadro più chiaro di quello che è lo scenario a cui facciamo riferimento, abbiamo riportato qui sotto alcuni dei cambiamenti più significativi che riguarderanno proprio le aziende italiane (fonte: osservatori.net):
Ben il 70% delle grandi imprese ha deciso di aumentere i giorni di smart working anche post Covid, arrivando ad una media di circa 3 giorni a settimana.
Nel 65% dei casi aumenterà anche il numero degli smart workers.
Il 51% delle grandi imprese sta inoltre valutando la ri-progettazione dei propri spazi.
La strada verso un approccio totalmente differente dagli schemi organizzativi conosciuti fino ad ora sembra quindi essere spianata.
Vediamo ora, più nel dettaglio, quali sono gli aspetti positivi e quelli negativi che derivano dall’attuazione del concetto in analisi.
I plus dello Smart Working
La ricerca “Smart working: work flexibilty without constraint” (2020) relativa allo studio degli effetti identificati su un focus group di più di 300 lavoratori, ha messo in luce delle evidenze molto importanti dal punto di vista del benessere del singolo.
In primis, è emerso che questa modalità di lavoro aiuti a “bilanciare lavoro e famiglia” e rappresenti “un’opportunità per la parità di genere”. Rispetto a quest’ultimo punto, si fa riferimento ad esempio al fatto che gli uomini avrebbero dedicato più tempo alla cura della casa e alle attività domestiche.
Ma i benefici che ne derivano non si limiterebbero a questi due aspetti. Di certo, la possibilità di lavorare senza vincoli di presenza all’interno degli uffici consente di limitare gli spostamenti che usualmente avvengono con mezzi privati e pubblici, riducendo di conseguenza il traffico nelle città e le emissioni di CO2 correlate.
Un ultimo plus, che dal nostro punto di vista non deve essere assolutamente sottovalutato, consiste nel fatto che molte persone si sono trovate nella situazione di dover necessariamente utilizzare strumenti e piattaforme digitali, con le quali magari fino a quel momento non avevano mai avuto a che fare.
L’isolamento forzato ci ha quindi “costretti” anche ad incrementare le competenze digitali di base, per riuscire a rimanere in contatto con i colleghi e più in generale con le altre persone.
Best practice
Lo sapevi che il gruppo assicurativo AXA ha ottenuto il riconoscimento per il progetto “Smart working, smart life”?
Proprio così, grazie ad un’ottimale estensione dello smart working a tutti i componenti dei team è riuscita infatti a promuovere una cultura del lavoro flessibile, ragionato sul raggiungimento di obiettivi e non sul numero di ore trascorse all’interno degli uffici.
Fai attenzione ai risvolti negativi
Come riporta il famoso detto, non è tutto oro ciò che luccica!
Molti si sono infatti trovati in situazioni di cosiddetto overworking e forte stress causato dalle circostanze di isolamento, dalla mancanza di un modus operandi che permettesse di portare avanti le attività in modo sereno, dalla carenza di comunicazione tra i team e dall’assenza dei giusti momenti di condivisione della strategia comune.
Se anche a te è capitato di dover per partecipare a improduttivi meeting da remoto, non preoccuparti non sei l’unico! La mancanza di un approccio realmente Agile alla gestione del lavoro si trasforma facilmente in situazioni di confusione e disordine.
Cosa vuol dire lavorare in modo Agile
“…essere adattivi, snelli e focalizzati sulla costante realizzazione di valore per l’azienda e per i clienti.” cit. Andrea Provaglio, 2019.
Abbiamo voluto introdurre il tema in questione con questa citazione perché ben racchiude, dal nostro punto di vista, lo spirito Agile.
Lavorare realmente secondo questa metodologia significa rivedere le tradizionali logiche di project management, di comunicazione interna ed esterna, oltre che le responsabilità e obiettivi di ogni componente del team. Significa anche adottare un approccio di tipo iterativo e misurabile attraverso il quale riuscire a districarsi tra gli inevitabili imprevisti e le specifiche necessità di ogni cliente.
La metodologia Agile è prima di tutto un mindset, basato su dei precisi principi e valori: proprio per questo il processo che porta alla sua implementazione sul campo non è così immediato ma richiede il giusto tempo.
Rispetto alle dinamiche che regolano il più semplice “Smart Working” che abbiamo sviscerato nei precedenti paragrafi, Agile ha bisogno che tutti i membri di un’organizzazione comprendano a pieno la filosofia che ne costituisce le fondamenta, che siano aperti al cambiamento e all’innovazione ma, soprattutto, disposti a mettere in discussione l’approccio al lavoro utilizzato sino a quel momento.
Ed è proprio la forte propensione verso la creazione di valore per il cliente, la dinamicità e flessibilità intrinseche e l’orientamento verso micro obiettivi che secondo noi farà di Agile la migliore metodologia per emergere in un contesto ed in un mondo che sono sempre più complessi e imprevedibili.
Agile permette inoltre di sviluppare un generale clima di condivisione e interazione tra colleghi, oltre che di organizzare per priorità tutte le task che ognuno deve portare a termine: un contesto in cui sicuramente il benessere del singolo viene agevolato.
Per cominciare ad avventurarti nel mondo Agile, puoi leggere questo articolo: Pomodoro Technique: 3 benefici reali.
Siamo certi che al suo interno troverai diversi spunti pratici per avvicinarti a questo nuovo approccio e scoprire, ad esempio, come l’uso di strumenti per la gestione intelligente del tempo ha contribuito a migliorare effettivamente i nostri flussi di lavoro aziendali.